L’interpretazione del pianto del bambino

Il bambino è in possesso già dalla nascita degli strumenti per poter comunicare i suoi bisogni. Il primo è il pianto, con il quale riesce ad attirare subito l’attenzione e stabilire un contatto con i genitori. Il pianto però può voler comunicare diverse tipologie di bisogno, ad esempio un pianto fievole può rappresentare la noia, un pianto intermittente con fasi acute e fasi più calme può voler comunicare la fame, un pianto acuto e persistente può rappresentare un dolore. La difficile interpretazione del pianto rende i genitori spesso ansiosi e le tensioni che si creano nell’ambito familiare possono acutizzare il pianto, che in realtà è nato semplicemente per esprimere un bisogno ben preciso. Sappiamo che  tra la terza e la dodicesima settimana di vita, l’85% dei bambini sviluppa quelle che vengono chiamate coliche o rigurgiti, ma spesso sono dovute proprio ad una esasperazione del pianto.

Bisogna quindi innanzitutto fare una diagnosi differenziale tra quelle che possono essere cause di pianto organiche dovute ad una problematica e cause dovute ad una difficile interpretazione del pianto nel campo familiare, che porta alla generazione di tensioni. Questa diagnosi viene fatta dal pediatra che decide se c’è bisogno di un ulteriore approfondimento a carico del sistema gastrointestinale o altre strutture viscerali del bambino. Nel caso in cui tutte le cause organiche e patologiche siano escluse, può iniziare una collaborazione con l’osteopata che, attraverso un trattamento sulla globalità del sistema, innesca un meccanismo autoregolatorio in modo da aiutare il sistema nervoso autonomo a diminuire l’ipersensibilità. Nell’estrema delicatezza del trattamento, l’osteopata rende più omogeneo il sistema affinché un eventuale dolore sia meno invalidante e il bambino non debba necessariamente esplodere in pianti violenti.

Il pianto infatti è un meccanismo riflesso naturale molto importante, è una dinamica consolatoria che il bambino autoinnesca e allo stesso modo ha la capacità di autocalmarsi, ad esempio ruotando il corpo in una determinata posizione o avvicinando la mano alla bocca autostimolandosi nel riflesso di suzione. Si tratta di una serie di meccanismi di pertinenza dei riflessi arcaici che danno modo al bimbo di autoconsolarsi e sono fondamentali per la crescita e l’apprendimento, ma possono essere attivati  solo se il campo genitoriale è tranquillo e vive quel pianto come un momento di comunicazione, lasciando al neonato il tempo e il modo di attivare quei riflessi autoregolatori.